Ora il cellophane si fa coi gamberi la seconda vita dei nostri avanzi

È il ciclo delle rinascite che non ti aspetti. Un gamberetto che diventa pellicola per conservare i cibi, un chicco di riso che si trasforma in isolante resistente fino a mille gradi, la lana delle pecore riutilizzata come fertilizzante e le fibre più dure della canapa che trovano una seconda vita nelle scocche delle auto. Pur di non buttare niente, gli imprenditori si sono trasformati in inventori. Le loro innovazioni saranno presentate dal 20 al 22 aprile alla Fiera di Cremona, nell’ambito dei tre saloni BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibition e
Food Waste Management Conference.
«Le attività agricole, forestali e della pesca producono in Europa 40 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno», è il punto di partenza degli organizzatori. Se già di Henry Ford si ricorda che provò a usare una plastica ottenuta da soia e canapa per costruire le sue auto (senza grande successo), oggi a Cremona verrà dedicato un seminario alle “Nuove prospettive per lo sviluppo della canapa”. In particolare di quelle fibre che sono troppo legnose per diventare tessuto. «Già molte industrie utilizzano questa pianta per rendere più leggeri i telai delle loro auto», spiegano gli organizzatori della Fiera. La Nasa, da parte sua, aveva scelto un materiale leggero e isolante — l’aerogel — per proteggere dall’attrito dell’atmosfera il muso delle sue navicelle. «In genere, questo materiale viene prodotto attraverso sintesi chimica», spiega Stefania Grandi, fondatrice di Nam, uno spin off dell’università di Pavia. «Noi riusciamo a farlo partendo dagli scarti della lavorazione del riso. La pellicina che ricopre il chicco di solito viene bruciata per produrre energia. Noi trasformiamo la cenere, ricca di silicio, in un aerogel ecologico ed efficiente quanto quello tradizionale ». Il chitosano (sostanza contenuta nel guscio dei gamberetti) o la pectina che si estrae dalle bucce di arance e limoni possono essere sfruttati per proteggere i cibi deperibili.
«Vengono da tempo usati come addensanti nell’industria alimentare », spiega Antonino Salvatore Raccuia, ricercatore dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Cnr a Catania. «La nostra idea è stata quella di scioglierli in acqua e immergervi i prodotti da conservare, come cuori di carciofo o fichi d’India sbucciati. Pectina e chitosano formano una pellicola che protegge dall’ossidazione e dal deperimento. E che è commestibile, inodore, incolore e insapore. I cibi possono essere mangiati senza nemmeno essere sciacquati».
In frigo, per durare di più, ogni cibo dovrebbe avere la sua temperatura e posizione. «Nella loro tesi, tre nostri studenti hanno progettato un elettrodomestico ad hoc», spiega Giacomo Bertolazzi, coordinatore del corso di Design del prodotto all’Istituto europeo di design di Milano. Il prototipo sarà presentato a Cremona. Sempre per prevenire gli sprechi, al World food forum (uno degli appuntamenti del Salone dell’alimentazione di Parma, fissato per il 9 e 10 maggio) si parlerà poi di uno strumento (una sorta di ecografo) capace di valutare lo stato di maturazione di frutta e verdura. Il “Da Meter”, inventato all’università di Bologna, va appoggiato per qualche secondo su una mela o su un pomodoro per sapere quanto manca alla raccolta.
Partendo dal principio secondo cui non si butta proprio nulla, Katia Parati dell’Istituto sperimentale italiano Lazzaro Spallanzani di Rivolta d’Adda prova a riutilizzare i reflui delle aziende zootecniche o gli scarti della lavorazione di latte e formaggio per nutrire colonie di microalghe. «Crescendo, queste microalghe possono diventare mangime per animali o principi attivi per prodotti cosmetici. Sono infatti ricche di antiossidanti, vitamine e molecole che proteggono la pelle e i capelli».
